La tracciabilità digitale dei prodotti biologici: garantire e comunicare
I cibi biologici rappresentano un settore alimentare in crescita, noto per la produzione sostenibile e il rispetto dell’ambiente. Essi sono coltivati o prodotti seguendo rigorosi standard che vietano l’uso di pesticidi chimici sintetici, fertilizzanti artificiali, organismi geneticamente modificati e antibiotici per l’allevamento degli animali. Inoltre, l’agricoltura biologica promuove pratiche agricole rispettose dell’ecosistema, come la rotazione delle colture e la gestione sostenibile del suolo.
E il biologico italiano continua a crescere.
I dati del biologico in Italia
Lo scorso settembre Nomisma, in occasione della presentazione dell’Osservatorio SANA, promosso da BolognaFiere in collaborazione con FederBio,AssoBio, Sinab, Ismea e ICE Agenzia, ha illustrato le ultime stime del mercato interno e i risultati di una survey sul consumatore italiano.
Nel 2022 le vendite alimentari bio nel mercato interno hanno superato i 5 miliardi di euro. Iper e supermercati sono i canali che veicolano la maggior parte delle vendite bio superando, a luglio 2023, 1,5 miliardi di euro.
In Italia le coltivazioni bio rappresentano per estensione il 19% del totale contro una media europea del 12%, avvicinandosi sempre più agli obiettivi previsti dalla Strategia Farm to Fork per il 2030. Il consumatore di prodotti bio è consapevole della scelta che sta effettuando: l’89% della popolazione di età compresa tra i 18 e i 65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno, sceglie in base all’origine del prodotto con una predilezione per prodotti made in Italy, a Km 0 e a marchio Dop o Igp. Chi acquista prodotti bio lo fa perché li considera più sicuri per la salute e perché sostenibili.
A garantire che la fiducia riposta dal consumatore sui prodotti biologici sia ben riposta c’è una normativa che impone ai produttori l’ottenimento di specifiche certificazioni.
Le certificazioni che garantiscono il biologico
Queste certificazioni vengono rilasciate da organizzazioni di terze parti quindi enti indipendenti, dette entità di certificazione biologica, le quali verificano che gli standard biologici siano rispettati. Le normative variano da paese a paese, ma spesso seguono linee guida internazionali come quelle stabilite dall’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements).
Le certificazioni biologiche richiedono un’attenta documentazione che dimostri il rispetto degli standard biologici in ogni fase della produzione, dalla semina o allevamento fino alla distribuzione. Gli ispettori delle entità di certificazione effettuano visite periodiche ai produttori per assicurarsi che gli standard vengano mantenuti e che non vengano utilizzati prodotti chimici o metodi proibiti.
Le certificazioni biologiche offrono ai consumatori la garanzia che i cibi biologici siano autentici e rispettino gli standard stabiliti. L’etichetta “biologico” o “organic” sui prodotti alimentari è un indicatore affidabile della produzione sostenibile e dell’uso limitato di prodotti chimici nocivi.
Il connubio inscindibile tra bio e tracciabilità
Va da sé che tracciabilità alimentare sia un aspetto cruciale quando si parla di cibi biologici. Se il consumatore tipo sceglie i cibi biologici anche in base alla sua origine, deve poter essere in grado di verificare la provenienza e la qualità del prodotto che sta scegliendo. Oltre a ciò la tracciabilità alimentare nei cibi biologici è essenziale per garantire la conformità alle informazioni contenute in etichetta consentendo al consumatore di verificarne l’accuratezza e la riconoscibilità rispetto agli altri prodotti presenti sullo scaffale.
La tracciabilità alimentare dei prodotti biologici non rappresenta una garanzia solo per il consumatore ma anche per il produttore.
Infatti, nonostante un continuo aumento di consumatori di cibi bio, la maggiore resistenza all’acquisto rimane il costo più alto rispetto ai cibi convenzionali. In questo senso le informazioni di tracciabilità possono essere molto utili al produttore per dimostrare il valore del proprio lavoro in cui, di fatto, pratiche produttive più esigenti, si traducono in costi più elevati.
Progetto INNOVABIO, quando un metodo analitico viene a sostegno della tracciabilità
A sostegno del valore della tracciabilità nel biologico è nato, nel 2018, il progetto INNOVABIO coordinato dal CREA.
Questo progetto era volto a sviluppare un sistema di analisi in grado di distinguere e di tracciare oggettivamente, a partire da dati e parametri chimici, i prodotti convenzionali, ottenuti cioè con fertilizzanti di sintesi, e quelli biologici, realizzati cioè con l’utilizzo di concimi organici ammessi e con l’applicazione di tecniche per la gestione della fertilità del suolo.
Nell’ambito del progetto sono state studiate colture rappresentative dell’orticoltura italiana: pomodoro datterino in serra, finocchio e cavolfiore in pieno campo. I ricercatori del CREA hanno messo a punto un sistema di analisi integrato, basato sull’individuazione di marker per distinguere se le produzioni biologiche certificate siano state ottenute con l’impiego di concimi organici, ammessi dal metodo biologico, oppure con l’impiego di concimi chimici di sintesi. La sperimentazione ha dimostrato che le differenti pratiche di fertilizzazione tra il metodo biologico e quello convenzionale influenzano la composizione chimica di alcuni elementi presenti nei frutti e nei vegetali, in modo particolare l’azoto, che si è dimostrato un marker efficace per discriminare il metodo di coltivazione.
Agricoltura 4.0 e anche la tracciabilità diventa digitale
Le tecnologie digitali in agricoltura biologica, tra le molte cose che possono permettere, consentono anche di facilitare le operazioni di tracciabilità efficientando l’attività di controllo da parte di organismi di certificazione sulla corretta applicazione delle tecniche.
Inoltre, come affermato dall’Osservatorio SANA di Nomisma, la tracciabilità di filiera in blockchain è tra i fattori che possono decretare il successo dei prodotti bio fornendo un’ulteriore garanzia al consumatore.
Sono diverse, infatti, le aziende produttrici di cibi biologici, ad aver adottato soluzioni di tracciabilità notarizzata su blockchain per i propri prodotti. La tracciabilità basata su questo tipo di tecnologia ha in realtà un funzionamento molto semplice che permette, ad ogni passaggio della filiera, di inserire un nuovo blocco con nuove informazioni che da quel momento saranno immodificabili. Software per la gestione della tracciabilità su blockchain, come Trackyfood, permettono in modo intuitivo, di accedere a tutte le informazioni di cui si ha necessità, sia che si tratti di un qualsiasi attore della filiera o del consumatore finale.
Il bio che sceglie la tracciabilità su blockchain
Per quanto riguarda la GDO si possono citare Coop e Carrefour.
Carrefour è stata, in Italia, la pioniera nell’applicazione della blockchain alla tracciabilità dei suoi prodotti. La tracciabilità digitale è stata annunciata nel 2018 e coinvolgeva la filiera del pollo, ampliata nel 2019 per gli agrumi, infine nel 2022, Carrefour ha annunciato che applicherà la tecnologia blockchain ai prodotti a marchio Carrefour Bio.
Coop nel 2019 ha annunciato il lancio della tracciabilità digitale basata su blockchain delle uova biologiche ViviVerde così che il consumatore possa visualizzare l’intero ciclo di vita delle uova bio. Il consumatore attraverso la scansione del qr-code presente sulla confezione può verificare l’allevamento da cui provengono le uova, il luogo e la data di confezionamento, il check-freschezza che certifica che non sono passati più di 10 giorni dalla data di deposizione.
Questi dati sono preziosi sia per il consumatore, che sa di aver acquistato un prodotto di qualità, sia per l’azienda che mantiene un controllo centralizzato e tracciato della specifica filiera.
Ma l’applicazione della blockchain alla tracciabilità non coinvolge solo la GDO, infatti sono sempre più numerose le aziende biologiche che si avvalgono di questa tecnologia.
Ne è un esempio Bioitalia, azienda campana che dal 1994 ha scelto la produzione biologica e che da quest’anno ha deciso di inserire, in tutte le sue filiere, la tracciabilità attraverso blockchain per garantire una maggiore trasparenza ai suoi clienti.
Anche Alce Nero, importante azienda biologica emiliana, nel 2022 ha annunciato l’avvio di una sperimentazione di tracciabilità attraverso blockchain che riguarda un lotto di Olio extra vergine di oliva biologico D.O.P. Terra di Bari Bitonto.
La tecnologia applicata al biologico che risponde alle esigenze di tutti
In parte questo trend può essere visto anche come esigenza dei produttori di comunicare con i consumatori.
Secondo Nomisma infatti, in un recente rapporto, si evidenzia che il 60% dei consumatori vorrebbe informazioni più dettagliate sulle caratteristiche, sul metodo di produzione e sui valori nutrizionali degli alimenti bio. Ma anche sulla distintività del biologico rispetto al convenzionale e sulla sua sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Se a queste esigenze espresse dal consumatore si accosta la necessità di comunicare, da parte del produttore, il valore di ciò che mette in vendita si comprende la necessaria apertura a tecnologie che possano aiutare nel raggiungimento di tali obiettivi.
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